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INTR10
un'idea di: Marco Salicini

 

 insegna

Trovare un tavolo libero alla Trattoria di via Serra è una bella impresa e non mi sto soffermando solamente nel weekend, per cui ci si deve muovere con un mese, se non di più, d’anticipo. L’insegna di questo locale aperto da Flavio Benassi e Tommaso Maio oramai 9 anni fa alle spalle della stazione nuova (quartiere bolognina ndr) è una delle trattorie di Bologna più affermate in assoluto, sia dall’utenza che dagli ispettori gastronomici. Un tratto rasserenante di una zona ahimè poco piacevole per le passeggiate serali, oggetto di riqualificazione in più occasioni, non ancora raggiunta ma che grazie all’impegno e al successo di tre/quattro attività riesce a mobilitare costantemente i bolognesi da ogni angolo della città.
Quando vedi Benassi muoversi tra i tavoli, dialogare con la clientela, raccontare la storia dei piatti specificando l’etica e l’operato dei fornitori, ti sei già dato la risposta del perché il cliente sgomita per tornarci e ritornarci. Accrescere sempre di più la mia convinzione che l’atmosfera e la sala siano componenti fondamentali per la realizzazione di un locale, anticipando o meglio coordinando il menù della cucina che probabilmente in molti contesti, perderebbe di impatto e concretezza. Non sto affatto sminuendo le impressioni dei piatti proposti in questa trattoria (sia chiaro) ma elogiando un oste che con una dedizione magnanima e un’empatia percettibilmente onesta e ospitale, non bada a recitare una parte calzando le vesti dell’affabulatore ma bensì mette a proprio agio gli ospiti, giustificando i valori dell’operato quotidiano.

flavio benassi 2 locanda avviso flavio benassi
Flavio Benassi l'oste e il metro a un cinghiale di distanza.


Un ambiente umile, casalingo e informale suddiviso in due salette, presidiato dai tanti quadri appesi alle pareti che ritraggono le didascalie degli ingredienti utilizzati in cucita e portati da quei piccoli artigiani affiliati che ogni anno fanno impazzire la slowfood, premiando stabilmente questa tappa come tra le migliori in assoluto. Evidenziare con quali materie prime si lavora non la interpreto molto come uno sbandieramento giustificato dall’ego ma bensì portare a contatto diretto quel po’ di cultura gastronomica e territoriale che al commensale tanto servirebbe, soprattutto se contestualizzata con affabilità, calore e franchezza. Quello che arriva in tavola è un operato serio e consolidato con le sane, candide e goduriose materie prime della provincia, “piccoli ma grandi” ingredienti che infondono un’identità antica, atavica e montanara ad un menù impossibile da trovare a così pochi raggi chilometrici dal centro città. S’impara inoltre l’origine di certe ricette, interpretate quanto basta dal cuoco molisano Tommaso Maio ma resta forte il tema del ricordo e di ciò che è stato sapientemente tramandato da generazioni : una liason con i produttori che grazie alla spettabile filosofia, riescono a interloquire con l’esito delle cotture. Scoprirete quindi che ciò che viene comunemente chiamato tigella nasce come crescenti, di come veniva preparato il tosone e delle caratteristiche di ogni alimento in base alla zona d’origine.

antipasti crescenti 
Tosone, animelle, cappone, lingua e galantina di manzo

Antipasti da apoteosi : crostini bassi e croccanti di crescenti con cunza (pesto montanaro) cotta, scaglie di parmigiano e un giovane aceto balsamico speciale dall’avvolgente sentore di mele a creare un unicum di sapidità grandiosamente emiliana; tosone di bianca modenese avvolto nella pancetta e arrostito al forno; tenere e suadenti animelle con misticanza, melograno e maionese al limone fatta in casa e un valoroso lesso di cappone, lingua e galantina con salsa verde e carciofini di Montelupone. Paste fresche, puntigliosamente tirate a mano, prettamente emiliane, vedi la tagliatella ai funghi porcini ( “i galletti freschi oggi non li ho, il nostro fornitore non ce li ha consegnati ” cit.), i tortellini in brodo di cappone e l’imperdibile e trionfale opulento tortellone dalla sfoglia gialla e setosa ad estendere la cremosissima, cagliata ricchezza della ricotta di bianca modenese, spennellando un ulteriore intingolo di burro e salvia assuefacente. Home made anche la gramigna al torchio con ragù bianco di mora romagnola, di cui non si discute la freschezza della pasta ma che per mio gusto andrebbe legata e addensata anche a costo di appesantirla. Tra i secondi assumono dignità e calibro i contorni, come le patate arrostite di Castel d’Aiano o la vividissima giardiniera artigianale ma c’è tanta materia prima, tra cui gli affettati selezionati e gli strabilianti formaggi per affiancare al meglio le già citate crescenti, preparate peraltro con le ottime farine biologiche dell’Azienda Agricola Mesini di Zocca produttrice di grani antichi come il Marzotto. Il coup de coeur arriva con la caciotta di mucca cotta alla piastra e servita con porcini in splendida forma, per mineralità, tenerezza, viscosità e salinità; l’excursus molisano per recuperare l’imparagonabile persistenza e sapore pastorizio di questo tesoro caseario viene ripagato da un piatto tanto semplice, rustico ed agreste quando irrinunciabile in questo locale.

tortelloni tortelloni 2 caciotta
Tortellone di sfoglia gialla burro e salvia ripieno di ricotta bianca modenese / caciotta di mucca e porcini

La discesa dall’appennino porta un finale festante grazie alla medesima cura e personalizzazione riflesse nei dolci. Una zuppa inglese goduriosa ed evocativa (spicca a mio gusto, leggermente troppo l’alchermes che preferisco più sfumato), un gelato all’anice beatamente dolce e rinfrescante rinforzato dal caramello, un grande fior di latte e quella torta al cioccolato “nata per errore” dalla consistenza tutta sua : non è farinosa ne burrosa, rimane bagnata con un cuore fondente quasi da ganache. Ma io mi sono commosso con la pinza e ancor di più con le raviole, congiunte a fine pasto con un nocino fortemente liquoroso. La cantina è molto accorta e come per tutte le referenze alimentari ha già conformato la propria continuità già da tempo : pochi ma buoni vignaioli del territorio e lambruschi finalmente non convenzionali. Mentre il Guardian, i gourmand e i critici conoscono e rispettano questa trattoria, Flavio e Tommaso se ne stanno in disparte, defilandosi dai motivetti che alleggiano nell’aria in città e dalle dinamiche locali. Con quell’aria fintamente burbera e sbadata, espongono buone maniere, riconoscenza e applicazione sia a pranzo e a cena, quando incrociare un tavolo libero è pressoché impossibile e lo è già da molti anni.

gelato ZUPPA INGLESE pinza
Il gelato anice e caramello, la zuppa inglese, la pinza

TRATTORIA DI VIA SERRA
Via Luigi Serra, 9/b (BO)
0516312330

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