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un'idea di: Marco Salicini

 

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Congiungere due territori, in un punto bucolico così ricco e incontaminato, può rivelarsi una fortuna ma anche una possibilità. Castiglione dei Pepoli è un comune di confine, la vetta dell’appennino tosco emiliano, agilmente raggiungibile percorrendo l’autostrada Bologna-Firenze e seguendo l’apposita uscita per il comune di Badia. La cucina di Lucia Antonelli oramai da anni non è più quel tesoretto nascosto conosciuto da pochi intimi; partendo da aspetti apparentemente semplici quali la conoscenza del territorio, l’arte della sfoglia tirata rigorosamente al mattarello, i ricettari tosco emiliani di una volta, Lucia è riuscita a portare il suo tortellino alla ribalta, sotto le luci dei riflettori. La disfida vinta nel 2014 a Palazzo Re Enzo ha segnato l’ascesa “metropolitana” di questa cuoca, sempre più adorata e celebrata da ambo i frangenti delle due regioni. Ha divulgato e promosso una cucina che parte dallo spirito di sacrificio nel mantenere inalterati i rituali più autentici e antesignani, senza ricorrere a meccanismi in grado di bypassare tutti quei procedimenti più scrupolosi che ne hanno contraddistinto l’identikit di Lucia come cuoca accostandola ai suoi piatti e alle sue ricette. Al contempo non parliamo di certo di una realtà mentalmente chiusa ed eremitica : la curiosità e l’attenzione per ciò che accade nell’alta cucina e nelle grandi città aiuta quotidianamente Lucia Antonelli a ravvivare ulteriormente il dna del suo lavoro. Nell’era pre covid ad esempio, gli appuntamenti e le collaborazioni con cuochi affermati e grandi lievitisti del panorama toscano recitavano il sold out dinanzi a tanti clienti bolognesi e ai fornelli a seguire la mamma, c’era anche il figlio Lorenzo Mattei che ora affianca il bravissimo Giuseppe Gasperoni, conquistando una stella Michelin sui colli riminesi. Tempi duri anche per chi sta in provincia, con i comuni chiusi passare mesi senza vedere l’ombra di tutti quei commensali che non vedevano l’ora di macinare chilometri per superare la vallata, non è stato facile ma i tortellini fatti a mano di Lucia hanno rotto le frontiere raggiungendo numeri importanti da Natale in poi rincuorando i pentoloni delle cucine di casa, senza dover ricorrere ad un utilizzo esagerato dei social o dei foodblogger.

antipasto 2021 formaggio fritto carpaccio di cervo


L’aria sana, di montagna che acclima le percezioni sensoriali della Taverna del Cacciatore è fulgidamente inglobata nel profumo dei boschi, nel mantra dei colori di stagione, nella prelibatezza ancestrale dei sapori radicati nei ritmi floristici e faunistici che da secoli assorbono l’habitat campestre. Si pranza e si cena riscaldati davanti al camino o ammirando nelle estati rinfrescanti il volto di questa vallata accomodati su un bel terrazzo panoramico. Se la premura, la disciplina costante intransigente e rigorosa adoperata della cucina hanno sempre espresso il candore e la grazia nel contatto tra le materie prime fresche e artigianali e le ricette del menù (scontato sottolineare che primi e secondi piatti espongono le linfe di stagioni) mai come in quest’ultima visita, Lucia Antonelli è parsa in una forma così strepitosa. L’exploit di antipasti (da provare al completo) sprona e delinea tanti dettagli gustativi in maniera accuratissima : la piccantezza e la morbidezza delle polpette, l’originale e distintiva consistenza dei ciacci (merito dell’abilità nell’utilizzare la nuovissima e fragrante farina di castagne) con noci e pecorino, l’appagante e intramontabile crostino caldo con i fegatini, la termica dello sformatino di patate accarezzato dalla fonduta di parmigiano e dalle scaglie di mortadella - goduriosissimo per temperatura, equilibrio della sapidità e nitore degli ingredienti- ed infine la marinatura sott’olio del cinghiale a stemperarne gli umori, ingentilirne i tessuti, evitando con acutezza di deteriorare quell’atteso carattere più intenso e virile. Sulle paste fresche rimangono le istantanee migliori dell’esperienze alla taverna del cacciatore : scatta e subentra, approvvigionandosi della componente più importante a tavola per un appassionato come quella del piacere, la meticolosità che dalla manualità dell’impasto procede in cottura ultimandosi con l’amalgama dei condimenti.

tortellino 2 tortellino pappardelle 2021 

Meritatamente eccezionali e omaggiati i tortellini, proposti in cialda di parmigiano (e conditi con la privilegiante selezione olio evo franci) per il piatto del buon ricordo o esaltati dal brodo di manzo e gallina che per chi come è me è amante della schietta e atavica grassezza, chiude gli occhi e assapora fino al fondo del piatto il mantra titanico della nostra tradizione, pur mantenendo un self control autorevole sul dosaggio di sale e calorie. Il tortellino, magistralmente piccolo e chiuso a mano, espone i rilievi del ripieno possentemente e rigorosamente (mortadella, lombo di maiale, parmigiano 24 mesi, pepe, noce di burro, sfumata di noce moscata) meritando i riconoscimenti e la fama che da anni lo precedono. La freschezza e il tempo dedicato alla manualità della pasta è indiscutibilmente distesa nei rilievi e nella cottura della sfoglia, delle pappardelle cosparse da una corrente aromatica inebriante di rosmarino e coinvolte intorno a un delizioso e massiccio ragù bianco di capriolo o dei pici, a riconfermare l’intreccio ispirato dal confine, irrorati con ragù di frattaglie di piccione, schiettamente profondo e ferroso leggermente svezzato da una spolverata di cioccolato a combaciarne il sentore fondente. Selvaggina e cacciagione punto di forza dei secondi, trattati e presentati con particolare attenzione in cottura e con altrettanto riguardo nella scelta e nel dosaggio dei condimenti : dallo splendente e vellutato carpaccio di cervo, al piccione cotto al forno con patata gratinata per un tripudio proteico affievolito dalla tenerezza e dalla succulenza della carne; lavoro encomiabile, impratichito per sviare il rischio di annoiare l’assaggio con un loop di asciuttezza.

pici 2021 budino zuccotto 2021 zuppa inglese


Degna conclusione con i dolci, fieramente freschi e vividi dei sapori liturgici di montagna : l’effetto caldo freddo dello zuccotto toscano, pan di spagna, ricotta, panna fresca e una lipidica fonduta di cioccolato caldo a cospargersi sopra; straordinario il budino di castagne (il colpo vincente anche in questo caso ricade nella scelta della farina), fievole al cucchiaio, calcato da un sapore pulsante di castagna, persistentemente caldo e accoppiato con una panna fredda da capogiro. Molto buona anche la zuppa inglese, tre strati di piacere e metrica tra gli ingredienti. E’ un piacere vedere una sala notevolmente rinforzata da giovani predisposti, scattanti, simpatici e attenti camerieri in divisa, un surplus rispetto ai precedenti. Sui vini (sangiovese, chianti e tanti lambruschi) è apprezzabile l’onestà dei ricarichi ma ci si potrebbe rinnovare un po’ di più.
La Taverna del Cacciatore merita una rilassante e gioviale uscita fuori porta, espone con qualità, genuinità (razze brade, tartufi dolci, farine sane e bella filiera corta),premurosità e tanto cuore uno stile di cucina distante dalle abitudini che circondano il panorama gastronomico dei principali comuni adiacenti; intorno una cornice di quiete e incontaminata natura. Un esempio emblematico di quanto la ristorazione sia imprescindibile per valorizzare una località e attirare l’andamento turistico.

 

RISTORANTE TAVERNA DEL CACCIATORE
Via Cavaniccie 6, Castiglione dei Pepoli 40035, Bologna
3381253996
www.tavernadelcacciatore.com 

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