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INTR10
un'idea di: Marco Salicini

 

banco fresco copertina

Chi etichetta La Baita come un’osteria tipicamente spasimante e ideale della Romagna è fuori strada. E’ un emblema del “ben di dio” a tavola, sia chiaro, nelle sue forme e formule conviviali ma il menù della cucina è più “antico” e profondo delle tagliatelle al ragù o dei cappelletti in brodo, che attenzione, compaiono sempre ma vengono introdotti timidamente in secondo piano. E questo è indispensabile per esternare il nucleo di una cucina osannata annualmente da tutte le principali sorgenti informatiche di settore : Gambero Rosso, Slow Food e Michelin con la Bib Gourmand ma che a differenza di tanti alter ego, si dimostra sovrastante per la concretezza e l’appagamento che il “cucinato” detiene, mantenendo perpetuamente una linea del “meno chiacchiere e tanta sostanza”.
Fabio Omleti sta portando avanti un impianto familiare, concepito e tramandato dai genitori Roberto e Rosanna, mantenendo l’ingresso dedito a Dispensa, salsamenteria e Drogheria : un museo del fresco fregiato da salumi e formaggi eccellenti da ogni angolo dello Stivale e dall’Estero assecondati da prodotti in barattolo, paste secche e pasticceria secca gourmand di prima linea.
L’ambiente si suddivide poi in varie sale, alternando habitat più intimi e contemporanei a una magnifica sala rustica con tavolate in legno, attorniata da più 1800 etichette maniacalmente infilate tra gli scaffali. La cantina qui gioca un ruolo imponente, indossando i panni di una Las Vegas enologica, evitando di cadere in moti convenzionali, esasperatamente griffati e standardizzati ma puntando sempre su una ricerca di grande gusto, rigogliosa e all'avanguardia, che ai grandi produttori italiani affianca una sezione d’Oltralpe micidiale. Tracciabilità e sostenibilità scorrono nelle vene di un menù che è un andirivieni delle stagioni, muta bisettimanalmente, recupera piatti popolari, dimenticati e atavici apostrofandoli con una possanza materica edule e ficcante, merito della mano ferrea e di un entusiasmo che coinvolge nel piatto, dello chef Antonio Casadio.

banco fresco cantina salumi formaggi giardiniera


Starter doveroso, pescando da un abbondante centinaio di salumi e formaggi trionfali per il dna artigianale variopinto che esprimono da ogni territorio, serviti alla temperatura perfetta. Un effluvio salivare dettato da un inconfondibile scioglievolezza, sublime grassezza e autenticità cromatica che varia dal carnet di Spigaroli, alla Mora Romagnola di Zavoli, tragittando un itinere compiuto da finocchione, rigatini, salami e guanciali senesi, speck trentini, prosciutto di Pata Negra, salame siciliano a punta di coltello, lombo iberico e che nei formaggi accentua i processi caseari di grandi produttori e affinatori, variando da uno squacquerone strepitosamente dolce a proposte erborinate, stagionate e libidinosamente cremose quali il Brillant Savarin, il Brin d’Amoure, l’Epoisse, il Munster, i pecorini di fossa e di pienza, Sainte-Maure di capra, Saint-Marcellin, Vacherin che Chevre, Taleggio Valsassina (l’elenco meriterebbe un articolo a parte). Ai companatici, va elogiata una piadina romagnola d’autore : spessa e contemporaneamente croccante, impastata e scaldata, arrivando al punto ideale per mantenerne la persistenza a sottraendo una masticazione pastosa. Che accortezza poi la giardiniera di verdure, scolpita con quella finezza non comune, indispensabile per marchiare una croccantezza “freshness” inamovibile.

tagliatella Tagliolini lumache lasagna


Le paste tirate sapientemente al mattarello emettono una profusione di freschezza e di tirannica complicità con i condimenti. Si espone perennemente la capacità del cuoco di interpretare un piatto a 360°, legandolo, senza tergiversare e delegarsi esclusivamente all’indice qualitativo dei prodotti di stagione che riempiono le paste riuscendo a intercettare un fil rouge determinante per persuadere immediatamente il palato. Plateale ne è l’esempio della tagliatella alla finanziera con rigaglie miste e creste di gallo, capace di oltrepassare le soglie del bengodi grazie ad un’applicazione pitagorica in cottura. Una folata di grasso e dolcezza della pancetta di Mora Romagnola, proietta i maccheroni al torchio nel blend di cacio & pepe, generoso e aitante il cuore della lasagna bianca, composto da cicoria capace di smorzare il sentore impetuoso del ragù bianco di pancia di pecora. Felicità gustativa anche per un bel tagliolino arrovellato, mantecato al burro senza eccedervi, amalgamato con le piccole e saporite lumache di terra. Quinto Quarto e oltre, proposto senza stenti, con coscienza e orgoglio, radioso dai primi piatti alle pietanze. Adamitico e ferroso il rognone di vitello su un cavolo nero detergente ( probabilmente fungerebbe ad hoc l’accompagnamento più appariscente di una salsa), saignant e assuefacente il diaframma di manzo seguito da patate dal sapore naturale e dalla croccantezza in superficie sfiziosissima. Lipidi e sazietà, annessi al reticolo di una cucina sapiente e ruggente, non possono ostacolarvi dalle godurie assicurate sui dolci, come le cucchiaiate golose di una zuppa inglese deliziosa certo ma in primis vanno assaggiate le peschine romagnole, giusto per rievocare lucentemente “gli usi e i costumi a tavola” quasi dimenticati : tandem di biscotti bagnati su un alchermes epocale, tutt’altro che stucchevole, ripieni di crema.
Il rapporto qualità-prezzo, con alte probabilità, si aggiudica il nostro miglior consenso dell’anno.

 

rognone diaframma zuppa inglese peschine

 

OSTERIA RISTORANTE LA BAITA
Via Naviglio 25/C, 48018 Faenza
054621584
www.labaitaosteria.it 

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