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INTR10
un'idea di: Marco Salicini

 

sala copertina

La fase del “talento” Mattia Trabetti l’ha già abbandonata da tempo. Lo chef veronese classe ’89 ha una mano superba, matura, graziata e arriva ad esternare con una capacità espressiva autorevole e identificativa un repertorio intercontinentale poderoso. Trabetti non è più un promettente o un futuribile, è già un cuoco individualista, dalle qualità spiccate. Lo consideriamo ancora un giovane noi emiliani ma il background concatenante passato all’estero giustifica il testamento deflagrante emesso dal suo percorso degustazione. Il portamento poi è amabilmente nordico, riflesso di umiltà, stile della professione, garbo nei sorrisi e nella gentilezza mai ostentata; anche questo aspetto lo notiamo e lo lodiamo, un mondo a parte rispetto all'aria boriosa e piena di sé stessi appartenente a diversi grandi cuochi italiani.
Diplomato all’Alma, indirizzato all’Antica Corona Reale per un biennio, dal grande Heinz Beck a Londra, l’esperienza in Svezia all’F12 di Stoccolma, la prima da “secondo” di Marongiu seguito al Portopiccolo, poi Trieste al Bris prima di rientrare nella sua Reggio a proiettare il The Craftsman tra i migliori cocktail bar italiani con cucina in assoluto.
A Fiorano Trabetti è un extraterrestre e Alto è la sua navicella spaziale. Il fascino magistrale dell’esperienza che può irradiare una cucina è anche questo, trovare in un paesino di 1700 abitanti un ristorante del futuro riconducibile a qualsiasi tipologia di metropoli. Nell’ultimo biennio la nostra Emilia ci sta regalando queste emozioni; sfioccano aperture di incredibile caratura dislocate dai Comuni principali, ognuna condotta da cuochi destinati a scrivere le nuove pagine della cucina.
La nave intergalattica di Alto osserva le abitazioni dalla vetta, vis a vis con la bella Basilica, in un gioco di sguardi tra la storia ed il futuro, sfidandola e incoraggiandola a non farsi schiacciare dalla luminosità estroversiva dell’Executive.
Marcello Masi con un investimento stratosferico ha ridisegnato un quattro stelle superior curandosi di elevare ai massimi livelli tutti i comfort dell’haute hotellerie internazionale moderna : dalla ricerca meticolosa e metropolitana per i materiali, alla spa di lusso, al primo bellissimo ristorante EXE che con Paolo Balboni conquista i turisti incrociando tradizione-creatività e sgargianti pizze gourmet. Al quarto piano il rooftop dell’ARIA cocktail bar in cui è imprescindibile rilassarsi al tramonto pre o after dinner, godendo di una mixology colta e slanciata che miscela prodotti super premium tagliando cubi di ghiaccio espressi. Varcando la vetrata si entra nella dimensione finedining di ALTO, dove suggeriamo, diventa ancor più dinamica e formidabile l’esperienza a contatto nello chef table, dialogando con una brigata professionale, sincronica e giovanissima, ammirando l’ordine quasi surreale attraverso cui vengono preparate, cucinate e servite a pochi metri, le portate esposte fin dalla genesi.
E il punto di vista interno di ALTO, con tutto il rispetto possibile ha molto più da raccontare e lasciare rispetto agli altri immobili del comune modenese.
L’itinerario di Trabetti regala un’evasione antropologica capace di sfoderare uno stargate tra mente e palato e non parliamo di fusion o melting pot per cortesia, il commensale è immediatamente co-protagonista del diario di bordo dello chef, un co-pilota al suo fianco, in un viaggio che dura otto portate ma che ha da raccontare come se avessi passato mesi di vita con lui. L’obiettivo è raggiunto. Extraterritorialità a pieno contatto con il territorio, un esempio sublime di quanto scovando tra l’entroterra reggiano e modenese si possa dialogare sconfinatamente con gli ingredienti e le tecniche giuste, rapprese con un filo logico gustativo dalla parte opposta del pianeta, emancipandosi dalla tradizione.
Preparazioni e lavorazioni decisamente sofisticate, privilegiando le cotture espresse ad un ritmo galattico e sinfonico. Vibra perennemente la materia prima inferocita da una souplesse mentale perennemente lucida ed istantanea quando si tratta di addomesticare le temperature di un Josper a carbone di alta gamma e altresì paziente e unificata nell’ascendenza anaerobica di fermentazioni e macerazioni che applicate con tale cultura e destrezza alimentano acidità - in serie -  ritempranti come marchio di fabbrica.
Il sincretismo tra il via e vai erbaceo e minerale graduato sui piatti è magistrale, perennemente equilibrato tecnicamente anche con qualche accortezza minimalista, sbaragliando lo stereotipo di ciò che potrebbe essere solamente intravisto come guarnizione. All’antitesi della rotondità burrosona dilagante di queste parti.
Ciò che stupisce ulteriormente è il medesimo range di tutti i piatti, privi di epanadiplosi, eletti da una profondità incredibilmente pungente ed elaborata coerente dagli amouse bouche al dessert finale (la digeribilità della cena è ultraterrena) elaborato con la medesima filosofia che caratterizza l’identità prorompente dello chef e non sfugge in zuccheri e cremosità terziarie. La sensazione peraltro è che Trabetti in altri luoghi non stenterebbe ad osare e protendere ancor di più verso l’estremità naturale riesumata da certe materie prime green ma che proprio attraverso l’approvvigionamento di certi ingredienti – non a caso del foraging (lo chef nel tempo libero nutre e coglie dall’orto una varietà disarmante di erbe spontanee) riesce a rendere il finale del piatto sia illuminante che rassicurante. Inevitabilmente il maitre Alberto Gallingani (sagace nel percepire le tempistiche di intervento evitando di intromettersi eccessivamente in un’esperienza così intima con la cucina)si muove con attenzione e gradita preparazione, un passo in più è atteso dalla cantina che seppur soddisfacente, non è all’altezza della struttura e della cucina.

A MENTE APERTA

entre 1 entre 2 entre 3 latte di asina

Amouse Bouche : Dentro alla basilica (omaggio al Santuario a vista) cialdina di riso, cappero formaggiato a basilica (sotto la basilica crescono i capperi), si esplora la collina per la tartelletta con mousse di ortiche e bergamotto preservato sotto sale. Foglia di borragine passata nel lino fritte carpione di aceto aromatizzato al luppolo ed erbe spontanee.
Da Reggio Emilia l'allevamento di asini : cagliatina fatta in casa di latte di asina, battuto di cavolo nero fermentato, mayo al wasabi, variazione di ravanelli freschi e macerati sotto aceto.

pane

Il servizio del pane. Pane a lievito madre con farine prodotte in appennino non trattate : la mollica è singolarmente scura, non c'é aggiunta di malto per intonare un colore primigenio delle farine stesse : manitoba tipo 1, 10% daikin grano monococco antico senza glutine per infondere profumo e colore. Il burro viene montato con aceto al vino rosso affinato in botte di ginepro, le foglioline al burro affumicato polvere di origano, i grissini a base di farina di ceci.

carota buffalo diaframma di manzo

Carota, Limone, Amaranto e Rooibos. Crema di carota bruciata cotta intera affinché non diventa nera e poi e frullata; la brunoise è frullata cruda, in superficie lamelle di carota macerata in aceto di riso nero, spennellata con riduzione di miele limone, amaranto soffiato, vinaigrette di Rooibos - tè rosso africano - servito freddo vista l'assenza di tannini e condito con aceto di uva fragola di produzione propria.

Bufalo Picasso. Il Bufalo di Picasso : bufalo de Guernica omaggio al pittore riprodotto su un foglio di carta di riso, disegnato con un pennarello commestibile reso del tutto edibile. Alla base una tartare di buffalo prelevato dall'allevamento di Albinea (Reggio Emilia), miso di pistacchio (i pistacchi sono fermentati 1 anno e mezzo) polvere di funghi sempre fermentati.

Diaframma di Manzo, Rabarbaro e Capperi. Mix di spezie tenuto crudo, crema di berberé (mix di spezie marocchino leggermente piccanti), rabarbaro al naturale, capperi freschi e fritti, polvere di barbabietola e mix di erbe aromatiche.

cappelletti gnocchi cuore di piccione

Cappelletti, Nocciole Nere, Bourbon. La pasta fresca concava e setosa fa da conchiglia ad un ripieno spiazzante, eretico composto da nocciole ossidate nel guscio e limate al coltello per il tocco vanigliato e il sentore acido boschivo. E' utilizzata per la mantecatura post cottura la tecnica del fatwash (ricordi dello Scraftman?) maneggiata dai barman col bourbon. In questo caso è ottenuto un burro al bourbon a stravolgere un umami insolitamente avvolgente, completato con una nebulizzata di bitter. Una delle portate più provocanti, destinate a memorizzarsi.

Gnocco alla Parigina, Lumache e Olio all'Nduja. La particolarità è che lo gnocco alla parigina è fatto senza patate : l' impasto è pate a choux  solitamente destinata ai bigné, viene cotta al vapore formattando quasi una salsiccia aperta, quindi fritto in padella, aggiunta di paprika affumicata, lumache della zona condite con cipolla in agrodolce, levistico, misto di erbe, olio all’nduja.

Asparagi e Piccione. Cuori di piccione (i non surgelati sono attualmente di complessa reperibilità ma presentano una qualità altissima) appena saltati in padella, luppolo selvatico, asparagi fermentati in salamoia, vinaigrette alle alici, foglie di origano cubano.

anatra intera anatra petto anatra

Petto d'anatra, Garum di Trota, Spugnole ripiene, Duroni in scieto di Miele. Allevatore toscano indipendente per l’anatra : il petto viene adagiato sulla carcassa che frolla in cella dai 20 ai 30 giorni, poi cotto al barbecue dove viene  lasciato a riposare. Viene smontata espressa e servita : le spugnole, di una concentrazione gustativa invidiabile vengono saltate in padella e completate dalla finanziera di anatra, qui presentata da una mousse pregna di tutte le interiora per il motto del "non si butta via niente". Il piatto, eclatante, viene completato con estratto di alloro, durone di vignola in aceto di miele di castagno fatto in casa e un fondo dell’anatra aromatizzato col garum di trota dalla finezza indimenticabile. 

fiori caronte dolce sorpresa formaggio piccola pasticceria

La parte salata è terminata ma il finale segue coerentemente il filone dell'intensità e dell'impronta di Trabetti. I fiori di ruta con il loro profumo stupefacente azionano un pulisci bocca preminentemente balsamico. Il teschio di Caronte accompagna al dolce : è un unico boccone derivato da uno strato fragile di fava tonka e dal "crash" con salsa ai frutti rossi, contestualizzando anche in questo caso una diagonale divergente sull'ematico e l'acidità. Dolce Sorpresa è un'enigma sbalorditivo rivolto al commensale che per rispetto evitiamo di spoilerare. "A Mente Aperta" si conclude con la degustazione di toma prodotta con latte di pecora cornella : è prelevata assolutamente in esclusiva dall'azienda agricola indigena Le Cornelle a Villa Minozzo, nell'appennino reggiano. La particolarità sta nella "pecora abbandonata" che produce pochissimo latte; in genere le stagionature più lunghe toccano i quattro/cinque mesi, per Alto ne viene servita una del 2019. Gli unici bocconi veramente dolci arrivano dalla piccola pasticceria.

ALTO all'Executive Spa Hotel
Circondarie San Francesco 2, Fiorano Modenese (MO)
0536832010
www.altoristorante.com 

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