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un'idea di: Marco Salicini

 

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Era il 1947 quando Cesarina Masi approdò in via Santo Stefano abbandonando la trattoria Cervetta di via dè Fusari. In quell’anno giocò un asso assoluto, un colpo deciso e fatale nei riguardi della storica rivale Rina Calori, altra pietra miliare e antologica della storia gastronomica bolognese : i tortellini alla panna.
“Posso proprio dire che i tortellini alla panna li ho inventati io, fra il ’38 e il ’40, non mi ricordo di preciso. Una sera mi venne l’idea di usare la panna vergine e non solo burro. La panna del latte, ma cruda, mica montata. I tortellini vanno tirati sul fuoco, con burro, panna e formaggio, e dopo vanno dentro una ruola e messi al forno per cinque minuti. Allora vengono belli lucidi, saporiti e buoni”. I tortellini alla panna divennero il piatto più elogiato di Bologna. Nessuno si permise di contestarli nel nome della tradizione violata e del brodo umiliato. Questo tormentone, inutile e ozioso come tanti altri dibattiti sulla cucina bolognese, esplose curiosamente molti anni dopo, quando la Cesarina era in pensione da un pezzo” (tratto da “Qui era tutta Lasagna”, Mauro Bassini, 2020. Bologna : Minerva. Pag 70-71).

 

Nel 2023 potrebbe non essere sufficiente parlare ancora del Ristorante Cesarina, di Piazza Santo Stefano, solamente per la sua storia eterna e imponente, assimilata in un piatto emblema che ha fatto discutere. Dinanzi all’era della globalizzazione, del turismo, dei piatti visti e assaporati digitalmente a tempo record di smartphone, il mutamento di tendenze e abitudini alimentari della clientela sta completamente sparigliando le carte in tavola. Un ristoratore poi oggigiorno ha molte cose in più da pensare. I tortellini alla panna vennero introdotti in maniera pioneristica se pensiamo successivamente a ciò che accadde nei condimenti degli anni ’80. Un piatto quasi temuto, tanto domestico. Infantile, ludico e primigenio per i bimbi ma anche assaporato avventatamente dagli adulti, con un velo di vergogna per riconoscere in realtà l’intoccabilità del brodo per l’ombelico di Venere. Il “primo tortellino” per oramai generazioni quarantennali, oggi è visto come eretico. La panna in cucina è diventata un’eresia. Che sia “alla crema di parmigiano” oramai manifesto etico rassicurante su quasi tutte le tavole della città, spronato peraltro dalla linea di Massimo Bottura, o con la panna d’affioramento di Franco Mirasole, celebre in tutta Italia. Ritorna perfino un goccia d’oro che Pettinicchio al Pappagallo ha riportato agli albori, ingegnando alcuni accorgimenti atti a diluirne il carico lipidico, assecondando proprio le richieste attuali di una clientela che oggi predilige il fitness in tutte le sue svariate formule, per non parlare di un pubblico femminile sempre più distanziato dalla carne nella propria dieta.

esterno 2 montanari

Il famigerato tortellino della Cesarina rimane pressoché fedele all’originale invece. Il tortellino alla panna dell’immaginario collettivo : un blend che non è un blend liquido – amalgamato e ripassato sotto ai piccoli tortellini, cotti al dente, con un ripieno generoso che contemporaneamente diffonde sapidità ed aromaticità.
Si parla della Cesarina perché, al di là del tortellino è una delle vetrine gastronomiche della città : affacciata sulla Piazza più bella ed eternamente incantevole, Santo Stefano, pienamente esposta soprattutto con l’arrivo del caldo quando diventa impagabile cenare nel dehors esterno di uno dei ristoranti più famosi ed importanti. Una piazza che è cambiata molto ed oggi risulta punto d’aggregazione e di long drinks. Si parla della Cesarina, perché è una di quelle attività dedite alla ristorazione che continua a mantenere la medesima gestione famigliare, rischiando ben presto di strappare un record. Dopo il grande Salsini, fu il compianto Pietro Montanari a mantenere alto il rigore di questa insegna. Oggi c’è il figlio Massimo, peraltro politicamente sul campo come vice presidente dei ristoratori Ascom a dirigere l’orchestra di un locale impegnativissimo, oltre che per nomea anche per orari (essendo perennemente aperto) menù (di tradizione e di pesce) e numero di coperti. In cucina poi c’è il figlio di Massimo, Pietro Montanari (come il nonno ndr) poco più che trentenne : generazione che scorre in avanti avanti e che propone uno dei pochissimi cuochi (potremmo anche definirlo co patron) di giovane età che propongono tradizione. L’ultimo Pietro peraltro vanta un curriculum e degli esordi che non possono passare in osservati : fu uno dei protagonisti di quel Cesoia che scossò e provocò fortemente il trend del capoluogo emiliano. Il classe ’91 formatosi all’Alma e cresciuto da Casa Perbellini e Locanda Margon a 23anni aprì il suo ristorante dissociandosi completamente dalla linea famigliare classica di casa. Era una cucina di tecnica e cervello, avanguardia e spunti prodigiosi. C’era l’acidità, il vegetale ed al fianco un percorso enologico spiazzante. Tante tematiche che oggi sollevano e dirigono le mode della cucina moderna. Tant’è difficile Bologna che la chiusura del Cesoia fu scottante per tutti e dopo qualche altro tentativo, Pietro è tornato “a casa” alle origini, in silenzio e fuori dai riflettori come ama essere. E’ uno dei più giovani dell’Associazione Tourtlen che parla di Bologna nel piatto, ingredienti del territorio e artigianali con un tortellino divenuto DeCo. Non male come etichetta e biglietto da visita per la Cesarina, classico e mastodontico, perennemente a rischio come accade ad altri colleghi, di etichettarsi come tavola turistica nelle chiacchiere di quartiere. Il locale che vanta più ambienti, non ha perso un target distinto di clientela che oltre all’inevitabile spirale di stranieri, fidelizza ancora tanti bolognesi di più generazioni. Va in questo senso, spezzata in parte una lancia anche a favore di Bologna che per quanto a mio avviso stia vivendo una fase molto statica, priva per i numeri che ricopre, di novità rilevanti e di giovani in grado di intraprendere idee e risultati brillanti, soprattutto se parliamo di trattorie.

antipasti carciofi 2 stecchi


L’eleganza ed il bon ton dello stesso Montanari senior accolgono e ricoprono il decoro del locale. Menù come detto prominente : i classici della cucina bolognese, i piatti signature della Cesarina, le stagioni e le pietanze di mare. Taglio inevitabilmente vintage nell’impiattamento ma che sa stare dritto sulla sua strada. Talvolta controtendenza, con il banco dei fritti alla bolognese (in via d’estinzione) che tanti altri colleghi hanno deciso di mettere nel cassetto proprio per via di quelle abitudini di cui parlavamo prima, diffidenti dall’ordinare un gran fritto a cena. Ne vale la pena soprattutto per gli stecchi alla petroniana, antipasto sfizioso per una panatura prosperosa e ben croccante, un ripieno con formaggio filante e cubetti di mortadella che non risulta stucchevole e ben equilibrato in termini di sapidità. Ci sono le crescentine, cui a quadretti rigonfi molto piccoli e vista la stagione il calco molto saporito e gustoso dei carciofi, proposti in fantasia, nell’insalata con olio e scaglie di parmigiano e alla romana e la galantina di pollo con tartufo nero, mortadella, pistacchi e tuorli d’uovo. Tra i piatti icona, la burrosità dei ravioli alla zucca, una tagliatella amalgamata con un ragù mascolino e prevalentemente carnoso che con una pasta ancor più rugosa, potrebbe livellarsi tra le migliori del centro storico. Infine per un ricordo d’antan, il fagottino di pasta verde ripieno di tortellini, panna e salsiccia ovvero il “Manicaretto Cesarina” e la zuppa imperiale che così come il balanzone, pasta chiusa ripiena di mortadella che tramanda ed espone il tout court dei sapori tipici petroniani, sono sempre in menù.

tortellini tagliatelle verdure fritte

Tra le pietanze, s’approda sul sicuro nell’appagante cotoletta alla bolognese, piuttosto che nell’altro piatto bandiera, ovvero la lombatina di maiale “Guido Reni” con tartufo nero, funghi porcini, prosciutto e parmigiano reggiano, le altri carni prediligono stufati, cotture molto lunghe ripassate da condimenti vistosi oltre al carrello dei bolliti esclusivamente nel weekend. Rivedibili le costolette d’agnello fritte, impiattate su un mix interminabile di chips e zucchine pastellate. Nei dessert la ritrovata crema fritta e la torta di riso, giusto per concludere il ciclo delle ricette storiche sempre più in disuso, il semifreddo al pistacchio e la zuppa inglese al bicchiere, in cui prevalgono le creme. Carta dei vini classica, ampia e non esageratamente banalizzata, che permette seguendo tutte le frontiere, una scelta democratica per ogni voce.
Il conto, considerando la storia, la fama, l’atmosfera e la posizione, non è esasperato per lo scontrino medio del centro, testimoniando peraltro che Da Cesarina offre un biglietto da visita della città – inevitabile calamita turistica – che rimane eretto e spalle larghe, distante sì dalla modernità ma con un’attenzione ripresa soprattutto su certi piatti.

cesarina masi

RISTORANTE CESARINA
Via Santo Stefano 19/b, Bologna
051232037
www.ristorantecesarina.it 
Ph Credits : Ristorante Cesarina | Bologna 

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