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INTR10
un'idea di: Marco Salicini

 

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Il Poldino alla bolognese, le ruote alla vodka, il pollo croccante col puré sono diventate icone, veri e propri signature. Riuscire a districarsi nei grovigli delle trattorie bolognesi ed emergere non è affar semplice. Anni d’oro ed anni bui, croce e delizia di un capoluogo emiliano complicatissimo. Statico ed ortodosso della propria tradizione, scettico nello slegarsi dalla cucina della nonna, glorioso di tutte quelle materie prime partorite da un territorio magnifico ed inesauribile, fitto di artigiani & piccoli produttori. Il presente è bipolare, attinto dal parlare di cibo e ristoranti come argomento di discussione all’ordine del giorno, assalito da una foga imprenditoriale di ogni genere, alla caccia del primo angolo vergine dal Decreto Unesco per somministrare la qualunque. Anni del covid e del post covid, di una città che sbanda tra aspirazioni metropolitane ed un turismo ampolloso ad un cambio di mentalità difficile da intraprendere e pure da accettare. Il momento attuale assimila qualche progetto interessante e di successo a franchising e mordi e fuggi di tutt’altra enfasi, per lo più in aree centrali della città. Sono anche anni in cui l’hype del gourmet e delle tecniche di cucina più sofisticate stanno scoppiando come bolle di sapone, lasciando per la strada puro astrattismo, sentenziando che per affermarsi e sostenere certi progetti bisogna essere molto preparati e ben coperti.

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In questo panorama, una delle trattorie in pieno centro storico più divertenti è Casamerlo. Ve lo abbiamo raccontato in più occasioni e siamo tornati a poco più di un anno di distanza molto volentieri. Ad oramai quattro anni dall’apertura, Dario Picchiotti e Francesco Tonelli simboleggiano uno dei tandem più folcloristici, simpatici, attivi e presenti nella ristorazione locale. Da un lato, un cuoco che fin da sempre mi ha conquistato come Picchiotti, frontman dell’Antica Trattoria di Sacerno (che gestisce assieme all’indispensabile compagna ed esperta di vino, Giada Berri) in cui concepisce una cucina di mare che al contempo assembla alta qualità e pulizia della materia prima all’istintività creativa, graffiante, elettrizzante di uno dei ristoranti più premiati dalle guide e stimati oltreconfine. L’ascesa imprenditoriale, seppur tutt’altro che schiva da insidie e difficoltà rifilate dagli svariati soprusi pandemici, sta portando finalmente il raccolto : Casamerlò a pranzo e a cena accumula un numero di coperti importante e viene concepito appieno nella sua identità mentre in Piazza Azzarita, Merlino è la fucina di pani, paste, pizze e lievitati di ogni genere, spopolando in loco tra i giovani e garantendo autonomia nella catena di produzione artigianale per tutti e tre i locali e per diversi colleghi della città. Al suo fianco Tonelli ha assimilato maturità e capacità gestionali, identificandosi nell’oste – patron, di Casamerlò ed occupandosi di curare commercialmente gli outdoor ed i popup che Merlino intraprende soprattutto nell’estivo.
Nella marea di osterie che presiedono il centro vige un conservatorismo che raramente annovera a cambi di menù, rinnovamento in termini di ricerca sui vini e sui fornitori, mantenendo l’offerta alquanto ripetitiva.
Picchiotti e Tonelli hanno messo sul campo la propria personalità, creando un ambiente eclettico capace di plasmarsi a pranzi di lavoro e cene per i giovani, suddividendo il locale su due differenti sale che ricalcano i canoni dell’atmosfera ben tenuta dell’osteria tradizionale ad una stanza più ariosa e luminosa decorata con pezzi da Galleria d’arte moderna e colori vividi. Immancabili peraltro soprammobili ed oggetti stravaganti, allestimenti scenografici che riconducono stilisticamente all’impiattamento ed alla parvenza delle ricette, tra cui l’ovovia ed il village di Natale, esposto all’ingresso durante le festività, calamitando l’obbiettivo degli smartphone all’impazzata.

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I pani di Merlino il Mago della Farina | Frattagliadi con nervetti, rognone, midollo

Non lo nascondono i due titolari ad aver stregato la clientela verso un tourbillon instagrammabile, focalizzato sulla conviviabilità, la tempra volutamente trash & burlesque, contestualizzando la vocazione anni ’80 di molte ricette ai giorni nostri, tra cui bernesi-vichyssoise-beurre blanc e pilastri di quegli anni si riappropriano del menù, revisionandone ovviamente la concezione su test ed accorgimenti continui della cucina grazie alle skills di Picchiotti e dello chef Nunzio Monteleone. Le proposte stesse fin dall’apertura, mantengono tre percorsi ben chiari e caratterizzati, adempiendo con acume a tutte le esigenze alimentari della clientela attuale, mantenendo a tutto tondo il timbro identificativo. Se rimangono immancabili tortellini, tagliatelle al ragù, tortelloni, lasagne e cotoletta nella “Tradizione”, l’indole fanciullesca più golosa ed emblematica intercede in “Quello che Piace a Noi” in cui primi piatti e pietanze di carne e vegetariane puntano dritti alla più pura e spensierata espressione del godimento, con tanto di scarpetta e tovagliolo arruffato appresso. Le varianti di panificati di Merlino intrattengono la lettura di una carta dei vini gaudente e fuori classifica per una trattoria, persuadendo gli amanti ad allungare ulteriormente la permanenza, su sollecito di una sezione interamente dedicata a verticali di Dom Perignon, Laurent Perrier ad una sequela di champagne biodinamici di grande gusto, ritrovando il medesimo impatto nelle annate di Valentini, del Barbaresco, dei grandi rossi di Italia con uno spazio stimolante dedicato anche all’estero (Francia, Germania e Slovenia in primis).
Nel mix dei piatti ’23 assaggiati, che confermano un rinnovamento lanciato con le giuste cadenze, invogliante per accumulare più di una visita nel corso dell’anno, un focus appassionato dedicato interamente al quinto quarto, che vivaddio, sta rientrando con indulgenza nello slang comune.

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La salsiccia matta, la trippa alla bolognese, Volere Volare, l'omaggio a Silverio nel bombolone 


“E’ una gag nata con Franco Cimini dell’Osteria del Mirasole, quando mi sedevo al suo tavolo facevo le Frattagliadi e gli confessavo che se avessi aperto un ristorante di cucina tradizionale ne avrei dedicato un menù con questo nome”. Così si parte proprio da nervetti, fagioli, cipolla e arance candite per un twist agrodolce, di mera freschezza; si prosegue con rognone, carciofi, prezzemolo soprassedendo il binomio ferroso-amarognolo in boccate burrose contorniate dalla lieta acidità della salsa, d’accezione francese.
Ma i piatti che riordineresti devono ancora arrivare, ed ecco quindi una salsiccia matta d’agnello strepitosamente succosa e ruspante, fatta in casa con l’intera coratella, tzatziki (squisita) e cavolo cappuccio croccante per addolcirne la tempra nel meticcio etnico (che pregheresti per trovare di tale livello nelle taverne elleniche) ed il fotogenico Riassunto di Risotto alla Milanese : midollo con cialda soffiata di riso allo zafferano affumicata al fieno che decora il piatto, probabilmente ipertrofico e sbilanciato nel porzionamento, quanto lampante nella rivisitazione del risotto alla milanese che ha praticamente sempre figurato in carta. La grassezza calorica e suadente del midollo va proprio intervallata alla buonissima cialda, di cui per l’appunto non va corso il rischio di sgranocchiarla spensieratamente per intoppare l’appetito dalle altre portate. Vi è la dolcezza della trippa alla bolognese con parmigiano e sugo di pomodoro tendenzialmente delicata ad addolcire la cartilagine, prima della svettata goduriosa, predestinata a divenirne un tormentone :” Il bombolone è dedicato all’indimenticato Silverio, nostro socio a Chef to Chef. Nel 1997 lo presentava dolce con parmigiano e tartufo, noi lo proponiamo con glassatura al taleggio e caviale al tartufo”. Spudoratamente godurioso, libidinoso e cheeky, accordando le papille di bambini e finti adulti, merito al di là del connubio pacioso tra sapidità e dolcezza, di una pasta del bombolone sottile perfettamente in grado di disinfettare la masticazione dal rischio di allappare il palato. Va ordinato anche il Volere...Volare, risotto ai sette volativi, laddove la selva al gran completo ricalca i ricami d’antan delle grandi cucine di un tempo, intingendo un chicco resistente e ben mantecato ad un’amalgama cremosa al punto giusto, i sentori savage e fondenti dei pennuti, agguantando la salivazione. Prima del dessert, un altro primo già gettonatissimo che approfondisce con perizia il melting pot tra l’Emilia e l’oriente nei ravioli Bologna Pechino, qui i ravioli interpretano i dumpling approdando al tavolo nella tradizionalissima ciotola di bamboo : i quattro cromatismi racchiudono i ripieni di salsiccia, parmigiano, friggione e ragù da umettare – a parte – con burro e parmigiano in sostituzione della teriyaki per switchare con l’umami nostrano lasciando l’immancabile timbro baloccante e goloso del Casamerlò su ricami di sfoglia finissimi.

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Ravioli Bologna...Pechino | Baciami ancora Giada

I dolci sono sempre tra i migliori della città nel loro genere, oltre ad un formidabile creme caramel ed al gelato al fior di latte da 800gr - to share - con i fantasmagorici topping, la novità è un clamore di golosità, il Baciami ancora .. Giada che Picchiotti dedica alla sua partner, sfoggiando una mousse al bacio su stampo, con gli alter ego, cioccolatini al fianco e crumble per una baraonda di dolcezze, capace di resettare l’appetito come alla prima portata, maneggiando il sentore dolce senza troppi giri pur avendo un tatto incredibile nel porre le distanze da eccessivi carichi di zuccheri e stucchevolezza. Sappiatelo che riprendendo l’incipit del menù, ci sono voci dedicate anche al pesce, traslando le prelibatezze ittiche di Sacerno nello stile di Casamerlò : ed è così per il bao al salmone con guacamole, salsa Thay e sedano rapa, lo spaghetto al tonno, i fischioni gratinati (tra gli altri). Il conto poi è assolutamente in linea con la media locale ed il Merlò seppur legando un canovaccio che impegna la cucina su più fronti ha raggiunto un'identità ben delineata, tradotta oltre che sul piatto, sull'atmosfera.

 

CASAMERLO'
Via dé Gombruti 2d, 40123 BO
051239645
www.casamerlo.it 

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