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La ristorazione a Bologna : pensieri e pareri sull'offerta attuale del capoluogo emiliano.

un'idea di: Marco Salicini
Siamo quasi al nono anno di nascita e di conseguenza di attività di questo portale, che ha tentato speriamo positivamente, di raccontare la realtà quotidiana della Bologna enogastronomica. Nel giorno del suo compleanno ripensavo al panorama che la città offriva quando iniziai a scrivere di food : era un’altra era, una fase (che poi si rivelò abbastanza lunga) di transizione livellata comunque verso l’alto, speranzosa di distaccarsi e dall’appollaiarsi di facciata, alle richieste di un turismo (non di alto livello ndr) amplificato ed inedito per flussi e numeri.
Oggi la realtà dal mio punto di vista, fa i conti con un mercato immobiliare sempre più ostico e proibitivo per i ristoratori del domani, per gli under 40 che decidono di mettere da parte ed investire su un ristorante. Oltre ai rincari che attraversano tutta la filiera, giungendo fino al consumatore, i costi degli affitti e degli immobili fanno concorrenza ad una Milano incomparabile per ovvie ragioni. Se il centro storico è un biglietto da visita è anche riduttivo non parlare di Città Metropolitana nel 2024 ed ecco che beneficia la periferia e soprattutto la provincia, dove seppur con tutte le difficoltà del caso, l’offerta qualitativa è molto più variegata.
I nostri articoli più letti, tolte le classifiche che abbiamo deciso di non numerare, sono le nuove aperture, un po’ un’etichetta irresistibile per cui mi fermano per strada. Ecco è sempre più raro, togliendo qualche big, sentire parlare di ristoranti veri e propri che subentrano o alzano le serrande. Ed è alquanto preoccupante vedere che immobili prestigiosi vengono inevitabilmente occupati da grandi catene o franchising (qualitativamente al ribasso) piuttosto che da “gruppi” sempre più numerosi…
Visto che non sono mai stato del partito disfattista, pongo in copertina il lato “felice” della medaglia : sul fronte cocktail bar, bistrò, gelaterie, bakery, botteghe alimentari, wine bar il livello si è alzato parecchio, così come la curiosità e la ricerca. Nessun cliente, o meglio, suvvia quasi, storce più il naso se in enoteca spende 15euro in più rispetto ad anni fa, se il costo di un gelato (eccellente a Bologna come in poche altre città) si è alzato, se il cocktail dai 6euro è passato a 10 o 12.
Parlando dei bartender ad esempio, l’offerta di livello tocca ad oggi almeno 15 insegne in centro storico. Spesso e volentieri durante la settimana vengono organizzate guest di livello nazionale ed internazionale offrendo alla platea vere e proprie esperienze. E’ stata istituita una Federazione ad hoc con Ascom e ci sarebbe tanta voglia di assistere ad una manifestazione di livello in tal senso. Ci sono stati anche tanti premi prestigiosi raccolti in pochissimo tempo sulle principali guide di settore : Emporio 1920 (che ahimè non esiste piu), Enrico Scarzella, Bamboo, Sentaku Concept entrato nei 500worldbestbar. Analogo il movimento del vino ad esempio o delle enoteche in particolare : ecco ospitare manifestazioni come FIVI e Slow Wine non è da tutti e prosegue con coerenza anche il collettivo di AMO. I tempi sarebbero maturi anche per aggregare i gelatieri che dovrebbero approfittarne esternando la propria bravura.
C’è un po’ più di caos intorno allo street food che sta avendo un engagement pazzesco. Giusto per proseguire il discorso sulle copertine, praticamente ogni anno il miglior Street Food della regione (e quindi tra i migliori in Italia) si trova nel capoluogo emiliano : Indegno La Crescentina 2.0, Ciao Kebab, Ragù. Molti altri sfatano il cliché del prodotto gastronomicamente proibitivo, “da fame chimica”, offrendo ambienti puliti, dipendenti gentili e collaborando con produttori artigianali. L’altra faccia della medaglia però è la Bologna delle mortadellerie (convenzionali) o dei franchising che dedicano menù interi a : burrate, creme di tartufo o di funghi, mortadelle con granelle o creme di pistacchio e chi più ne ha più pastrocchia. I food blogger agiscono di conseguenza strizzando l’occhiolino e signori miei ci troviamo a mangiare peggio degli americani a casa nostra. W le fettuccine Alfredo a sto punto.
Da sinistra i ragazzi di Ruggine : ad oggi contano tre locali più i temporary estivi e continuano a mettersi in mostra fuori regione. A destra l'unica stella michelin di Bologna Città (da anni), I Portici.
Mi ricollego alla ristorazione concludendo i ponti che ho aperto in questo articolo sulle guide : possono interessare, non interessare, per tanti food writer che per anni si sono inchinati ora rappresentano una perdita di soldi a quanto pare, probabilmente in parte lo è se non sostenuti da una holding alle spalle (sì anche a Milano e Roma è così) fatto sta che se anni fa, ed il pensiero va dritto alla Michelin, la nostra città veniva sorvolata in maniera quasi sinistra (penso soprattutto all’assenza immeritata dei locali solamente segnalati in guida) oggi il discorso è diverso. Attualmente fatichiamo a trovare piatti importanti del pari livello di altre città, per non parlare del servizio o della visione stessa del locale. I nostri stellati sono sempre gli stessi e i medesimi proseguono a lavorare bene per carità, ma all’orizzonte c’è il nulla assoluto. Chissenefrega direte voi, come mai? Mi chiedo io. Sono aumentate anche le manifestazioni sul food, si fatica molto a divulgarle e a condurre degli “off” curati bene. C’è Più Gusto, l’evento a Palazzo Re Enzo che porta in città i nomi più celebri della ristorazione nostrana e anche europea, se facciamo un ampio sondaggio per strada ai passanti, non so quanti feedback positivi possiamo raccogliere (anzi forse lo so). Cibò So Good si è attivato in pianta stabile sempre a Palazzo Re Enzo (e di altre strutture così questa città non ne ha probabilmente sulle dita di una mano), intorno ad esso che anticipi o contorni il tutto penso ci sia ben poco. Il Tourtlen rimane l’evento popolare che mette assieme tutti, è conosciuto da tutti e fa contenti tutti. Poi c’è il nulla, da sempre. Basta osservare i numeri di molte kermesse sulle dolomiti ad esempio, campane, a Parma con Salumi Da Re, il circo di Massimo Bottura, a Rimini e mi chiedo come mai da noi non è possibile farlo.
Poche sono anche le aziende agricole/ gli agriturismi al passo coi tempi capaci di dare uno slancio oltre regione ad un territorio clamoroso per biodiversità e ricchezza di ricettari e prodotti.
Molta poca voglia e anche poca visione noto, al di là dell’Amministrazione, da parte dei nostri interpreti della ristorazione di intraprendere con impegno un cammino di questo tipo.
Un altro punto deficitario sono i mercati : autentico e genuino il Mercato Ritrovato ad esempio (con orari non sempre efficaci), non all’altezza le altre strutture sia per qualità dell’offerta che per modello, design ed impostazione degli ambienti stessi. Oramai in Italia non c’è solo il Mercato Centrale di Milano a far da padrone, anche in città più umili stanno nascendo concept incoraggianti. Qualcuno ha mai provato a coinvolgere ed agevolare i nostri imprenditori più prodigiosi?